OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA: STORIA DEI SUOI COMMERCI E DEI SUOI MERCANTI
L’olio e la coltivazione dell’olivo, intesa come pianta coltivata e non selvatica, si fanno tradizionalmente risalire alla Palestina del 6000 a.C.
L’olivo, quindi, grazie ai molteplici usi dei suoi prodotti si diffuse velocemente in tutta l’Asia Minore e poi in Egitto, Grecia, Italia, Spagna e nel sud della Francia.
L’uomo sin da subito riconobbe l’alto valore polifunzionale dell’olio come cosmetico, elemento ricostituente, purificatore, alimentare e adatto all’illuminazione.
Il commercio ed il trasporto dell’olio diventò ben presto uno dei mercati più grandi e floridi dell’età antica.
L’olio venne usato per illuminare le lanterne fenicie, romane e greche, fu proprio in Grecia che la cultura dell’olivo e della sua coltivazione divenne prestigiosa.
Le grandi navi da carico greche le onerarie salpavano i mari ricolme di anfore piene di olio da portare in ogni dove e fare ricchi i mercanti e la Grecia stessa.
In Grecia l’olivo era caro agli dèi e alle dee come Atena, divenendo ben presto sacro e, quindi, meritevole di tutele; chi danneggiava o estirpava un ulivo veniva giustiziato e questo accadeva indipendentemente dal possesso dell’olivo della Polis o di un privato.
Vennero creati gruppi armati di soldati, i ‘’vigilantes’’, il cui scopo era di vigilare e tutelare l’integrità delle coltivazioni di olivo.
Il filosofo Platone in persona era un possidente di oliveti; morto il suo maestro Socrate, vendeva carichi di olio per pagarsi i viaggi studio in Egitto.
Roma e, quindi, i romani avevano imparato l’arte olearia dai greci e l’avevano affinata specializzandosi nei commerci.
I romani, infatti, avevano istituito un mercato unico controllato e regolamentato l’ARCA OLEARIA dove venivano stabiliti prezzi, pesature e quantità dai commercianti oleari.
I romani, inoltre, organizzarono le province conquistate in province olearie e vi imposero tributi in olio non essendo la produzione propria capace di soddisfare il fabbisogno interno.
In senso mercantile i romani furono i primi di cui si ha notizia ad organizzarsi in modo così professionale e matematico da tenere bene in conto le necessità di importazione, esportazione e ammasso.
Caduto l’Impero Romano il mercato oleario e la coltivazione dell’olivo entrarono in crisi.
Crisi della coltivazione (476-1000 d.C.)
Le conquiste barbare e il continuo abbandono dei campi a causa delle incertezze politiche comportarono il progressivo abbandono della coltivazione dell’olivo.
I barbari inoltre non erano abili mercanti di olio poiché il loro modello alimentare si basava su altri prodotti come la carne o il burro.
I barbari o in senso lato i popoli del Nord avevano un modello produttivo e alimentare basato sulla caccia, sulla pastorizia e sullo sfruttamento dei boschi.
I romani invece basavano la propria sussistenza sull’agricoltura e quindi l’alimentazione era basata su verdure e grassi di origine vegetale e poca carne.
L’olivo era dato ormai per finito ma riuscì a salvarsi grazie ai feudi ed ai conventi.
LA CULTURA DELL’OLIVO NON MUORE
Il modello di produzione e alimentazione greco-romano riuscì a sopravvivere grazie ai religiosi, che all’interno degli orti dei luoghi di culto praticavano le coltivazioni delle erbe medicali e dell’ulivo.
LA RINASCITA CON I COMUNI
L’epoca dei Comuni in Italia, più stabile rispetto ad alcune epoche precedenti e più florida dal punto di vista economico, portò con sé un aumento della popolazione ed un incremento degli scambi commerciali in settori vari e diversi tra loro.
Tra questi settori ritroviamo quello del commercio oleario che inaugurò un periodo di rinascita.
La Puglia e la Toscana, medicea, divennero un importante centro produttivo al quale fecero seguito altre zone del sud Italia dove la coltura dell’olivo fu favorita dal clima e dal tipo di terreno.
Venezia, invece, iniziò a diventare sempre più forte economicamente e quindi commercialmente, nacquero mercanti di olio che si approvvigionavano nel sud Italia per vendere poi il prodotto in mercati redditizi.
Venezia capì che il mercato non poteva essere lasciato al caso ma doveva essere organizzato e regolamentato; riunì i Ternieri (mercanti di olio) in un’unica organizzazione chiamata Ternaria dove vennero stabiliti i prezzi, i pesi ed i quantitativi; insomma creò una sorta di Borsa merci dell’olio.
Venezia sfidò Genova o meglio essendo il primato di Venezia, fu Genova che ne sfidò il primato in ambito mercantile oleario.
I mercanti veneziani si recarono in Puglia, all’epoca la principale produttrice a livello mondiale, ed è nei suoi porti che si approvvigionavano dell’oro liquido che li farà ricchi.
IL NUOVO MONDO
La scoperta dell’America nel 1492 d.C. farà si che i mercanti ed i primi coloni portarono con sé non solo l’olio da vendere ma anche le piante per iniziare nuove coltivazioni nel nuovo mondo.
La coltivazione qui stentò a crescere come nel vecchio continente complice anche la loro cultura alimentare basata su lardo, burro e strutto; anche se oggi è praticata seppure in modo minore rispetto a noi.
Molto olio extra vergine di oliva è oggi importato in questi Paesi che hanno scoperto, grazie agli studi da loro condotti in materia, l’alto valore salutistico della dieta mediterranea e dell’olio extra vergine di oliva.
IL 700’ E L’800’
I secoli del Settecento e Ottocento sancirono la consacrazione nelle capitali europee degli oli pugliesi, toscani e liguri; la situazione è molto simile ad oggi.
I pugliesi restano grandi produttori ma i commercianti sono tutti settentrionali.
SITUAZIONE ATTUALE
La situazione attuale vede la Spagna come primatista assoluta dal punto di vista quantitativo e nella presenza degli oli di marca avendo acquistato nel corso dei decenni diversi marchi italiani.
Noi italiani rimaniamo al secondo posto come capacità produttiva, posizione che a fasi alterne scambiamo con la Grecia.
Attualmente la situazione è molto variegata, ci sono Paesi produttori, esportatori ed importatori e Paesi come il nostro che siamo sia esportatori che importatori.
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